La Slow Fashion: ecologica e sostenibile

La Slow Fashion

Slow Food da sempre promuove un mondo “buono, pulito e giusto”. L’associazione del fondatore Carlo Petrini parte dalle Langhe e si concentra  sopratutto sulla difesa di prodotti e tecniche agricole che coinvolgono il  mondo del food.

Eppure dallo Slow Movement sono diramate anche altre correnti complementari:Città Slow sull’amministrazione delle città, Slow Travel per il tempo libero, Slow Design per il design e Slow Medicine per una medicina sobria, rispettosa e giusta. Queste diramazioni non sono state effettuate sotto l’egida di Slow Food.

Nel tempo è nata anche la Slow Fashion, corrente in contrapposizione con il fast-fashion, che punta a ridare alla moda i giusti ritmi di produzione, evitare la sovrapproduzione e preservare qualità ed artigianalità.

Eco fashion, slow fashion, conscious fashion: sono tutti modi per definire le varie sfaccettature di un grande cambiamento in atto nell’industria della moda, che coinvolge vari livelli produttivi e, in un’inedita posizione attiva,anche i consumatori finali. Su wikipedia lo Slow Fashion viene cosi descritto: la slow fashion (letteralmente “moda lenta”) è un movimento che promuove un modello di produzione sostenibile ed è un concetto opposto al fast fashion. Fa parte del Movimento Slow, in inglese “Slow Movement”, il quale sostiene la produzione nel rispetto delle persone, dell’ambiente e degli animali. In quanto tale, contrariamente alle pratiche della moda industriale, lo slow fashion coinvolge gli artigiani locali e l’uso di materiali eco-compatibili, con l’obiettivo di preservare l’artigianato e l’ambiente e, in definitiva, fornire valore sia ai consumatori sia ai produttori. Le azioni che sono già in atto nel mondo della moda nel supportare la Slow Fashion sono due: sul versante della tutela della componente umana dell’industria della moda, insieme alla sempre crescente attenzione alle condizioni di vita dei lavoratori e alla richiesta di trasparenza in questo senso che viene rivolta alle aziende, si colloca il recupero dell’artigianalità e la valorizzazione di piccoli brand o di designer indipendenti.Altra direzione è quella del riciclo, che ha la sua apoteosi proprio nella riqualificazione del vintage, così come nelrecupero e riutilizzo dei materiali.

Perchè Slow Food dovrebbe intervenire in questo ambito?

L’industria della moda a livello globale ha un valore di 2,4 mila miliardi di dollari, impiega circa 50 milioni di persone ed è considerata da molti la seconda industria più inquinante al mondo seconda soltanto a quella  petrolifera.

Ripensare un settore tanto vasto significa, insomma, riconvertire in senso etico e sostenibile una grossa fetta dell’economia mondiale.

In Italia, dopo il settore food, la moda è la seconda direttrice fondante dell’identità italiana. Il made in Italy, le produzioni artigianali che il nostro paese esporta in tutto il mondo, rappresentano una ricchezza inestimabile. Ed essendo il cibo e la moda i due settori trainanti della nostra nazione, dopo aver patrocinato ed influenzato il settore del food, il prossimo passo per la nostra associazione non può che volgere in questa direzione.

Ma quali azioni portare avanti?

Se dovessi pensare al futuro di slow food nell’ambito della moda, ritengo che potremmo estendere i presidi alle lavorazioni artigianali tipiche delle nostre regioni, ne cito solo due di cui sono spesso testimone: la lavorazione della pelle e del cuoio a Napoli, mia città natale e la lavorazione a tombolo abruzzese, mia seconda regione del cuore.

Sono tante le piccole produzioni che stanno scomparendo perchè sconosciute ai più e perchè non rappresentano una valida alternativa di lavoro per i giovani. Mancano apprendisti ed eredi di queste tradizioni.

In secondo luogo un’opera di sensibilizzazione di questo patrimonio che al  pari del cibo e del vino ha un orizzonte molto vasto e variegato.

Un’azione concreta da mettere in campo a Napoli

Pensando a Napoli, bisogna essere consapevoli della diffusione di una certa cultura del vintage. Basta affacciarsi per le vie del centro storico, o passeggiare per Chiaia per rendersi conto che i negozi vintage hanno un loro status di tutto rispetto e sono molto apprezzati sopratutto dai giovani, che portano con se una nuova visione del mondo più ecosostenibile e giusta.

Dunque la proposta di una serie di eventi di Market Slow Fashion dove riunire insieme stand di negozi vintage, ma anche quelle provenienti dai piccoli artigiani locali e dai brand sostenibili che producono nella nostra regione. In questo contesto sarebbe interessante anche inserire un ciclo di interventi di esperti di slow fashion e di Green economy che accompagnino le  giornate dei Market e che possano far comprendere la portata del cambiamento in atto del mondo fashion, creando più consapevolezza ed informazione.

Un’altra proposta volta poi all’ambito culturale sono dei tour attuabili nella nostra regione alla scoperta di alcune ricchezze, di questo abito.

I siti da me individuati sono:Memus archivio storico del Teatro San Carlo che ospita una delle costumerei più antiche d’Europa dove sono racchiuse artigianalità, e tessuti di grande pregio

Le sete di San Leucio a Caserta, altro preziosità ben custodita del nostro  territorio

Il mercato di Resina ad Ercolano, famoso per il suo vintage che nasconde molte sorprese (come per esempio designer che stampano e costumizzano giubbotti di jeans vintage o anche porta direttamente dai clienti in un’ottica di riciclo sostenibile e rinnovo dei capi)

Sono tour che possono essere svolti in un’unica giornata e che potrebbero essere accompagnati da pranzi in ristoranti collegati a Slow Food.

Ilaria Corsaro